Final Fantasy XIII Recensione: Square Enix abbandona la tradizione

La tredicesima fantasia abbandona la tradizione per apparire sotto una nuova luce

Final Fantasy XIII
Recensione: PlayStation 3
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Il 17 dicembre 2009 è stata una data magica per Sony Japan: non solo ha visto l’uscita di un titolo storico come l’ultimo episodio di Final Fantasy, atteso per oltre 3 anni ed insieme a Mario e Dragon Quest la saga più importante per i giocatori nipponici, ma ha anche permesso al monolite nero di tornare in vetta al mercato con oltre 200.000 console piazzate in una settimana, grazie a più di un milione e mezzo di pezzi venduti al giorno del lancio. Da sempre l’uscita di questi titoli ha rappresentato un momento importante per il mercato dei videogiochi; basti ricordare il 1997, quando si scatenò il terremoto FFVII, che grazie al sapiente mix di poligoni e computer grafica che garantiva un “taglio” cinematografico prima sconosciuto, definì il modo di concepire e realizzare l’intera produzione video ludica, creando forse il maggior seguito che un videogame abbia mai avuto, protratto fino ad oggi. O ancora si può ricordare l’uscita di FFX, primo reale esempio delle potenzialità dell’allora giovane PS2, e titolo che convinse moltissimi utenti a scegliere di nuovo Sony come riferimento per le console da casa.
    Questo tredicesimo capitolo segna anche la fine di un sodalizio decennale tra la saga madre di Square ed il marchio PlayStation; infatti, a marzo 2010, lo stesso Final Fantasy XIII uscirà in lingua inglese anche sull’ammiraglia Microsoft. E dopo l’abbandono, o meglio il ritorno in casa Nintendo, di Dragon Quest, questa situazione vede le console Sony orfane delle due più importanti esclusive a livello di vendita dell’intero Giappone.
    L’uscita di questo capitolo avviene anche in un periodo particolare per il genere dei J-Rpg, giochi di ruolo alla giapponese, infatti questa generazione non ha brillato certo per qualità e quantità, relegandoli ad un mercato di nicchia lontano dai fasti che solo pochi anni fa li vedeva ancora protagonisti, schiacciati dal travolgente, e meritato, successo di giochi come Fallout 3, Dragon Age, Oblivion, Mass Effect, comunemente definiti “GdR occidentali”. A questo aggiungiamo la difficile situazione delle software house nipponiche (escludendo Nintendo che grazie a Wii e Ds vive in una sorta di mondo a parte) e possiamo capire come Final Fantasy XII possa davvero rappresentare una “prova del 9” non solo per Square, ma per un intero genere.
    Molti di voi avranno già letto vari pareri su internet a riguardo del suddetto titolo, criticato da tanti ed amato da altri, ed anche noi, dopo aver completato la versione giapponese con oltre 60 ore di gioco, possiamo e vogliamo finalmente dire la nostra.

    Primo Impatto

    Accesa la console veniamo accolti, come da tradizione, da un lungo e spettacolare filmato in CG, che ci svela alcune delle scene che incontreremo nel corso della lunga avventura, accompagnato da una splendida melodia del bravissimo Masashi Hamauzu, qui al posto dello storico Nobuo Uematsu ma assolutamente all’altezza della situazione (quella di FFXIII è, come vedremo, una tra le migliori colonne sonore degli ultimi anni). Selezionato “New Game”, veniamo introdotti al primo capitolo che compone il gioco (di tredici totali), con la famosa irruzione via treno (FF7 docet) della protagonista Lightning, accompagnata dall’afro Sazh, personaggio lontanissimo dagli stereotipi che hanno caratterizzato Final Fantasy dagli inizi ad oggi.
    Le prime ore servono esclusivamente come introduzione per il cast e per la storia che fa da sfondo all’avventura, volutamente confusa in questo frangente, con il sistema di combattimento minimizzato e solo poche opzioni disponibili. Senza svelare niente, possiamo dire che nei primi momenti di gioco ci si imbatte in 5 dei 6 protagonisti che si andremo ad incontrare. I primi due capitoli, dunque, rappresentano il prologo del gioco, l’antefatto del viaggio, e solo con l’inizio del terzo si comincia finalmente Final Fantasy XIII.

    Lezione di Storia

    Senza voler rovinare la scoperta della trama, si può riassumere il plot in breve. Il pianeta orbitante di Cocoon, creato in antichità per il bene degli umani sopra la superficie di GranPulse, luogo inospitale e pericoloso, è governato da esseri chiamati Fal’Cie, creati a loro volta dai cristalli. La vita su Cocoon è solitamente regolata dal volere di questi esseri eletti, che richiedono agli umani particolari compiti, o “Focus” come vengono detti nel gioco, attraverso dei marchi impressi sul corpo delle persone. Questi prescelti, soprannominati L’Cie, non sanno invece quale compito preciso gli venga richiesto dal Dio, ma solo attraverso delle visioni vengono indirizzati al loro scopo. A loro viene concesso solo un determinato periodo di tempo per completare gli incarichi, pena la trasformazione in Cie Corpse, una sorta di mostri che vagano per la terra senza uno scopo. Il premio dato a coloro che riescano a portare a termine l’obiettivo è l’immortalità, guadagnata attraverso la mutazione in cristallo. Capirete pertanto che essere marchiati come L’Cie è visto dalla comunità come una maledizione, e di conseguenza si vive braccati dall’esercito e nell’odio dei civili.
    Square-Enix, attraverso il team storico degli episodi 7 e 10, confeziona un eccellente intreccio narrativo supportato da un ottimo cast di personaggi, forse il più curato e profondo dell’intera saga, tornando allo sci-fi tanto caro ai fan. Se 6 personaggi possono sembrare pochi, bisogna sottolineare come non ce ne sia uno “centrale” per eccellenza, e simile a quanto proposto in FFVI: tutti sono protagonisti della scena, nessun riempitivo, e fino a metà gioco al giocatore viene chiesto di seguire l’evolversi della trama attraverso i vari punti di vista del cast. Indubbiamente i clichè del genere sono ancora presenti, con il personaggio serio e taciturno (Lightning), il ragazzino per forza di cose partecipe (Hope), la fanciulla solare e spensierata (Vanille), ma ciò che differenzia i protagonisti sono le motivazione date a questi e lo sviluppo psicologico nel corso dell’avventura. Un personaggio atipico come Sahz, l’afro di colore, padre alla ricerca del figlio Dajh, ci viene presentato ed approfondito in un modo davvero azzeccato, molto diverso dai classici energumeni tutti muscoli che troviamo spesso nei videogame.
    Anche Hope, il più giovane del gruppo, con lo strano rapporto che si crea nei confronti di Lightning (diventata per lui una sorta di guida, di sorella), e la seria motivazione che lo spinge a combattere, denota una certa ricercatezza, e vivifica l’intenzione di voler donare spessore al cast principale che troppo spesso, anche in titoli di valore come Tales of Vesperia o Star Ocean 4, viene lasciato vittima di fin troppi stereotipi.
    La stessa Lightning, scelta per rappresentare l’intera produzione, che dopo le battute iniziali potrebbe apparire un mix poco riuscito di Cloud Strife e Squall Lionheart in gonnella, si sviluppa in modo convincente: i suoi scontri con Snow, altro personaggio fondamentale, il distacco nei confronti degli altri che si trasforma poco alla volta in affetto ed amicizia, la lotta per la salvezza della sorella, sono temi che -pur non originali- vengono ben sviluppati.
    Anche dalla parte degli antagonisti segnaliamo l’allontanamento dal “prototipo J-Rpg”, con nemici spinti da propositi un po’ più complessi del “distruggo tutto perché sono cattivo”, che almeno ci presentano alcune motivazioni più interessanti del solito. Forse il carisma di personaggi come Kefka e Sephiroth, ormai circondati da un alone inarrivabile, non è altrettanto presente in FFXIII, ma è indubbio come nella storia ci vengano proposti degli antagonisti credibili e ben fatti.
    Insomma, dal punto di vista di trama, personaggi e nemici, pieni voti al nuovo lavoro Square-Enix, senza dubbio uno dei migliori capitoli della rinomata saga. Ma adesso è tempo di affrontare il “nuovo” sistema di combattimento messo a punto dai programmatori.

    Optima Change e Cristarium System

    Miscelando il classico Active Time Battle con il Gambit System di FFXII, il sistema classi di FFX-2 e qualcosa di Chrono Cross, per questo tredicesimo episodio Square è riuscita a sviluppare un mix veloce, profondo e soprattutto divertente per quanto concerna la modalità di combattimento. Quando ci si imbatte in un nemico, visibile sulla mappa di gioco, si viene “teletrasportati” nella zona adibita allo scontro, dove al giocatore viene concesso l’utilizzo di un solo personaggio, o leader, di propria scelta: prima di scandalizzarci procediamo con ordine.
    Per i primi 2 capitoli della trama si ha la possibilità di combattere selezionando solo opzioni basilari: attacco, magie ed item, ognuna delle quali “consuma” una barra che si ricarica durante lo scontro. Ogni tecnica, da quelle iniziali fino alle magie più distruttive o alle evocazioni, viene pagata tramite la barra Atb: niente punti magici, si comincia con l’utilizzo di Fire o Cure, che consumano una singola “tacca”, progredendo via via.
    Tutte le tecniche presenti vengono impiegate con questa regola e la scelta si rivela vincente, in quanto con il procedere del gioco e l’aumento dell’ATB, è possibile usarle nella maniera più indicata al combattimento: facciamo conto che l’utente sia impegnato contro due nemici, uno soggetto agli attacchi fisici e l’altro alle magie; potrà scegliere di utilizzare un attacco diretto sul primo dal costo di una barra, una magia da 2 sul secondo ed infine una magia di cura da altre 2 barre su noi stessi, per un costo totale di 5, in una sola azione.
    Viene fuori un sistema veloce e dinamico, che per nulla fa rimpiangere quanto visto e giocato in precedenza. Ma è con l’arrivo, dal terzo capitolo, dell’Optima Change (Paradigm Shift nella versione occidentale) che la strategia prende piede all’interno del gioco: sono infatti presenti 6 classi diverse, intercambiabili a piacimento durante ogni scontro, che possono essere assegnate ai membri di supporto. Le varie classi hanno specializzazioni piuttosto diversificate, in grado di mutare radicalmente l’approccio agli scontri di un personaggio. Non mancano i classici, Healer (curatore) e Attacker (picchiatore), ma ci sono anche classi di supporto, come il Jammer, che abbassa statistiche agli avversari tramite status negativi, e l’Enhancer, che di contro aumenta i valori del party. Troviamo infine classi piuttosto dinamiche, come il Defender (protezione e difesa) ed il Blaster (veloci attacchi magici e fisici).
    Ad ogni personaggio sono assegnate tre classi diverse, e questo fattore spinge pertanto in direzione di una scelta oculata del party: le classi possono essere combinate con quelle degli altri membri del party seguendo pattern predefiniti, che influenzano sensibilmente la strategia del gruppo. Selezionare opportunamente i ruoli dei combattenti sarà fondamentale: il gioco si presenta infatti con un notevole tasso di sfida, superiore al passato, e anche i normali nemici sono pronti a spedirci alla schermata di Game Over spesso e volentieri.
    Importante è anche il Break System, una barra che una volta completata “spezza” la difesa dei nemici causando una mole di danni molto elevata, indispensabile per avere la meglio su Boss. Come avrete capito la possibilità di assegnare “ordini” tramite l’Optima Change sopperisce al mancato utilizzo diretto del party, che in questa maniera è sempre sotto i nostri comandi, anche se indirettamente.
    In FFXIII non esistono nemmeno i punti esperienza: alla fine di ogni scontro ci vengono assegnati un tot di Cp (Cristarium points) spendibili attraverso un sistema derivato dalla Sferografia di FFX: avanzando poco alla volta si acquistano tecniche, Hp, magie, con la differenza che qui non si ha a disposizione l’intero schema fin dall’inizio. La struttura pensata per gli upgrade si svela invece capitolo per capitolo, in modo da frenare il “grinding” senza senso. Anche questo aspetto serve per mantenere alto il livello di sfida: di fronte ad un ostacolo apparentemente insormontabile, potrebbero non servire ore di potenziamento, ma essere più efficace una strategia meglio studiata. Per quanto riguarda l’utilizzo delle Summon, in questo episodio si è deciso di sfruttarle alla maniera di Final X, dove una volta attuata l’evocazione questa rimane a combattere accanto all’evocatore (ogni personaggio ne ha una a disposizione) per un tempo limitato. C’è anche l’opzione di “cavalcarla” (Shiva diviene una sorta di moto, Odin un cavallo, Alexander una torre), per permettere un ulteriore assalto al nemico. Fa piacere inoltre constatare come le summon abbiano nuovamente guadagnato un ruolo non marginale negli sviluppi della trama.
    Concludendo la disamina del Battle System, bisogna fare un plauso alla software house. Il sistema studiato è veloce, dinamico, e poco complesso a livello organizzativo. Forse a qualcuno potrebbe sembrare riduttivo: niente Mp, niente esperienza, non si utilizzano nemmeno tutti i personaggi. Eppure, grazie all’estrema difficoltà di gioco, all’enorme numero di combinazioni strategiche che è possibile strutturare, ad una progressione delle statistiche che non fa mai perdere il piacere della scoperta, il sistema scelto da Square è forse il punto più alto raggiunto dalla casa giapponese, che ha sapientemente aggiornato quanto di buono fatto in questi anni.

    Realizzazione da Oscar

    Senza troppi giri di parole, l’aspetto tecnico del gioco è assolutamente fantastico: considerando la mole del titolo (l’avventura principale dura almeno 50 ore), il motore grafico sviluppato porta Square-Enix ancora una volta nell’olimpo, insieme a Naughty Dog, Guerrilla, Epic e poche altre, di coloro che hanno finalmente spremuto a dovere le attuali console Hd. Dalla costruzione dei personaggi, alla mimica facciale, agli effetti di luce, agli ambienti, tutto è stato costruito in una tale maniera da lasciare assolutamente stupefatti, con la sola differenza che qui non abbiamo una campagna che si esaurisce in una decina di ore, ma un enorme gioco di ruolo con locazioni e nemici sempre diversi. Questo non significa che Final Fantasy XIII sia il miglior gioco graficamente disponibile sul mercato, visto che in alcuni frangenti la modellazione di alcune parti anatomiche, alcune texture sfocate, o qualche rallentamento lasciano aleggiare più di un dubbio, ma vista la “quantità” del titolo in questione attualmente è difficile trovare di meglio. Vedere per la prima volta il panorama di Pulse, con la sua vegetazione, le sue creature, i suoi particolari, lascia davvero senza fiato, e ci ricorda come l’avanzare della tecnologia, usata in maniera sensata e non fine a se stessa, riesca davvero a suscitare emozioni nei giocatori.
    Discorso simile per l’accompagnamento sonoro, orchestrato ed ispirato per tutta l’avventura: i musicisti giapponesi hanno utilizzato una grande varietà di strumenti per i temi più disparati, dalla splendida melodia che accompagna gli scontri, al tema di piano della schermata iniziale, alle parti cantate, all’incidere dell’epico scontro finale. Anche il doppiaggio, per quanto riguarda l’attuale versione giapponese, si rivela all’altezza, grazie a nomi noti della scena come Masashi Ebara (il doppiatore di Sahz e voce orientale di Tom Hanks) che arricchiscono notevolmente il coinvolgimento.
    Imperdibili poi i filmati in Computer Grafica. Se è vero che nelle scene In-Game ancora ci sono delle imperfezioni (notevolmente giustificate dalle proporzioni), il lavoro svolto sui Full Motion Video è da lasciare basiti. Square-Enix confeziona filmati di una bellezza quasi poetica, di una forza espressiva unica. Perfetti in ogni dettaglio, dai cromatismi alle scelte stilistiche. Proprio il design ambientale e l’architettura dei paesaggi e delle città è un plusvalore notevole della produzione, che rapisce con i panorami da sogno di un mondo credibile e affascinante.

    Final Fantasy Perfect?

    Arriviamo dunque alle battute finali. L’analisi del titolo, per quel che riguarda trama, comparto grafico e battle system, è stata decisamente positiva. Pertanto, Final Fantasy XIII è un gioco perfetto? Tutt’altro
    Final Fantasy XIII è un gioco lineare: mostruosamente lineare. Per un buon 75% della sua durata, non si fa altro che seguire la trama principale avanzando per la mappa (tutte le locazioni si susseguono, non esiste una world-map). Il plot è intervallato da numerosi filmati e tanti combattimenti, ed è anche lento, specialmente nelle battute iniziali, dove anche gli scontri sono piuttosto noiosi. Final Fantasy XIII non ha città. Qualche locazione dove ci sono dei civili che parlano tra loro (avvicinandosi si “sentono” i vari discorsi), ma niente di paragonabile alle cittadine dei J-Rpg. I vari negozi dove acquistare item e potenziare le armi (attraverso alcuni materiali che si trovano in giro o lasciati alla fine degli scontri) sono in una schermata fissa che può essere richiamata ad ogni save point. Probabilmente questo episodio ha il numero più basso di NPG che storia recente conosca.
    Final Fantasy XIII, al di fuori della sua trama, offre ben poco. Ad un certo punto si possono attivare delle sub-quest che ci vedono “abbattere” particolari nemici sempre più potenti, si possono cavalcare i Chocobo, ci si può impegnare per sbloccare le varie Omega Weapon, ma senza dubbio le mille faccende che riempivano gli scorsi episodi di una vitalità vibrante (di quella vitalità indispensabile per la buona riuscita di ogni Gdr) restano ricordi lontani. Forse momenti più dolci, rilassanti, dispersivi, arriveranno attraverso DLC, ma attualmente questa è la situazione.
    L’incedere monocorde, diretto, inquadrato, la scarsità di sub quest, di diversivi, di digressioni, è senza dubbio un limite importante, che ha già infuocato i forum di mezzo mondo. Caratteristiche di questo genere devono essere prese in seria considerazione, dall’acquirente, che rischia di trovarsi deluso dalle proprio aspettative. Tuttavia, ciò non toglie l’assoluta qualità del lavoro proposto da Square: la tredicesima fantasia è il compimento di quel genere definito dalla stessa software house come “Cinematic Rpg”, iniziato con FFVII e Parasite Eve e passato per Advent Children, Crisis Core e Dissidia, dove realmente il confine tra filmati in Cg e gioco è più che mai sottile. Questo è un titolo che non vuole essere Fallout o Dragon Age, dove siamo noi che attraverso le scelte “costruiamo” la trama, spettatori attivi. Le città non ci sono perché i personaggi di FFXIII, semplicemente, non hanno bisogno di andarci. Si può discutere o meno se sia giusto o no, ma seguendo gli avvenimenti difficilmente si rimane scontenti del risultato ottenuto a livello visivo, narrativo ed emotivo. Gli utenti però sono avvertiti: Final Fantasy XIII è un titolo diverso da tutto quello che avete visto finora. Non è un J-RPG classico, e non propone praticamente nessun elemento di continuità con la tradizione. Non cercate al suo interno la libertà immensa di un mondo completamente esplorabile, perché vi trovereste amareggiati. Se volete un’avventura non canonica, in cui gli elementi ruolistici siano intrecciati con un sistema strategicamente profondo e dinamico, allora avete trovato il vostro titolo.

    Final Fantasy XIII Final Fantasy XIIIVersione Analizzata PlayStation 3Final Fantasy XIII è un gioco che spaccherà la critica. C’è chi lo bollerà come un passo falso, in un periodo dove “scelta” e “libertà” sono le linee guida della produzione videoludica, abbandonandolo dopo poche ore come un giocattolo rotto. E chi invece resterà avvolto dalla trama, dai personaggi e dalle ambientazioni. Rimane comunque un titolo da provare anche solo per vedere il livello raggiunto dal nostro medium in campo tecnico. Alla fine a noi giocatori viene dato un rpg dalla durata elevata, con una bella trama, un eccellente sistema di combattimento ed una realizzazione al top. Solo il tempo dirà se la strada intrapresa da Square-Enix sia vincente o meno, se in questo mercato ci sia davvero posto per un nuovo genere che dismette la vastità per concentrarsi invece sulla qualità emotiva dell’avventura.

    8.5

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