Life is Strange 2: Recensione del primo episodio, Roads

Con Roads, esordisce la seconda stagione dell'acclamata avventura grafica di Dontnod Entertainment: pronti a partire per un nuovo viaggio?

Life is Strange 2 EP1: Roads
Recensione: PlayStation 4
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Essere il secondogenito non è mai facile, figuriamoci se tuo fratello è un tipo in gamba. Tu hai il suo stesso cognome, sei salito sulle sue spalle, ma lui è uno di quelli che quando entra in classe, e magari si siede all'ultimo banco perché è un po' alternativo, tutti si voltano a guardarlo. Non è il quarterback del liceo, se ne frega delle Nike e porta un'imitazione maldestra delle Dr. Martens, però ha successo, ha carisma, e sebbene il taglio punk non andasse più di moda già nel 2015 nessuno si dimenticherà mai di lui. Il primo Life is Strange era così: rinunciava alla classica epica videoludica per dedicarsi alle piccole cose, alle inezie, eppure ha messo in piedi un'avventura grafica atipica, in grado di raccontare una storia potente come poche altre, con uno stile talmente unico e definito da diventare irreplicabile. Life is Strange ha insomma scelto di raccontare le persone reali: non le corazze e i proiettili, bensì le ingenuità dell'adolescenza, e per questo rappresenta una sfumatura tanto importante quanto inedita per il nostro medium (una sfumatura che ricordo ogni volta che vedo passare un cosplay di Chloe).
    Ho adorato Arcadia Bay, le tematiche attuali affrontate senza troppa insistenza, le musiche che non avrei mai pensato di ascoltare in un videogioco, ma soprattutto ho amato Max, che nonostante le sue doti paranormali riesce sempre ad essere più umana di chiunque altro, perfino più del giocatore stesso. Ricordo che certe volte il legame empatico era così forte che addirittura mi era difficile riavvolgere il tempo, perché sperimentare gli stravolgimenti della continuity sulla sua pelle sembrava quasi una tortura. Un'ingiustizia. E questo, signori, è probabilmente il complimento più grande che si possa fare ai Dontnod, e in genere a chiunque provi a raccontarci una storia autentica.
    Ma adesso, per quanto poteste essere affezionati a Max e Chloe, è il momento di voltare pagina, e forse è anche giusto così. Questa è la storia di Sean e Daniel, due giovani ragazzi in fuga; un racconto di formazione a tutti gli effetti, che corre lungo le strade della west coast. Life is Strange 2, in ogni caso, recupera in toto gli stilemi della vecchia avventura (come l'elemento sovrannaturale o le situazioni tremendamente drammatiche), eppure ha un gusto diverso. Le riflessioni sull'amicizia sembrano cedere il posto alla famiglia, il tema del bullismo c'è ancora ma appare come una parte di un problema più grande, e anche se questo capitolo inaugurale risulta uno dei più lineari di tutta la saga, l'effetto percepito è -paradossalmente- quello opposto. Il viaggio "on the road" cambia tutto, e così, anche se le aree che esploriamo sono per estensione identiche al passato, gli spazi appaiono più grandi, e per la prima volta si percepisce l'immensità americana, che ci fa sentire terribilmente piccoli e maledettamente normali. Raccogliere l'eredità della prima serie non era un compito facile, ma quella di Sean e Daniel è sicuramente una partenza promettente...

    Noia Avenue

    Sean e Daniel Diaz sono due fratelli di origine ispanica, che vivono le loro normalissime vite alla periferia di Seattle, Washington. Sean, il protagonista, è un sedicenne con la vocazione per il disegno, la voglia di divertirsi sempre tasca e anche il solito pacchetto "made in USA" di problemi adolescenziali, compreso bullismo, razzismo a suo carico, droghe soft e mancanza di autostima. Ha qualche amico, un lavoro dopo-scuola che giustamente odia, ma anche un padre comprensivo oltre ogni limite, che in appena due inquadrature riesce a farsi amare. Nessuna notizia della madre, almeno ad un primo sguardo, e a dirla tutta sembra anche un argomento volutamente off-limits per questo primo capitolo. Rientriamo a casa dopo la scuola, lungo il viale ci scappa una chiacchiera su bong e preservativi con Layla (la nostra migliore e sboccacciatissima amica) e infine facciamo la conoscenza di Daniel, il fratello più piccolo, che veste i panni del ragazzino acuto ma iperattivo; qualcosa di simile ad un moderno Dennis la minaccia, ma più lamentoso.
    È autunno ed anche Halloween, e Sean deve preparare lo zaino per andare ad una festa; tutto sembra tranquillo, ma ovviamente è in arrivo una tempesta. In un attimo tutto va a rotoli, nel peggiore dei modi, nel più "stupido" dei modi. La tragedia americana si manifesta davanti ai nostri occhi impotenti; tutto ci sembra sbagliato, quasi ridicolo, ma invece è terribilmente simile alla realtà, come fosse un video macabro trovato per caso su Youtube. Spari, un'esplosione, il vuoto ghermito soltanto da una musica straziante. Un uragano di emozioni fortissime, per nulla inferiori a quelle viste in precedenza, che tuttavia sembrano gestite in maniera più matura e dosata. Per esempio abbiamo un'immagine ben definita del potere di Daniel, che sembra a tutti gli effetti una forma devastante e irrazionale della telecinesi, ma subito sparisce, inghiottita dalla foga degli eventi.

    Dontnod sceglie (saggiamente) di saltare a pie' pari i momenti immediatamente successivi alla catastrofe, per riaprire il sipario soltanto qualche giorno dopo, con il titolo che compare silenzioso dietro i protagonisti sulla strada. Sean e Daniel sono soli, confusi e spaventati, per giunta dispersi fra le foreste dello stato di Washington, diretti verso un fantomatico Messico che ha tutta l'aria dell'utopia. Come avevamo già intuito dalle prove precedenti, uno dei temi centrali sembra essere proprio il razzismo, che si manifesta sin da subito in maniera piuttosto esplicita, e che ritorna più volte nel corso della trama con evidenti riferimenti ai giorni nostri.Il taccuino di DontnodOramai lo abbiamo capito: Life is Strange è un gioco dedicato agli artisti. Vi ricordate la Polaroid di Max? Vi ricordate gli appunti? Bene, in Life is Strange 2 c'è una meccanica molto simile, quella del taccuino da disegno di Sean. In alcuni punti specifici, spesso in aree opzionali, sarà possibile sedersi e disegnare uno schizzo del panorama, tramite quello che potremmo chiamare una specie di mini-game. Bisogna osservare a più riprese la visuale che ci si para davanti fino a memorizzarla, e poi si passano un paio di strati di matita muovendo la levetta analogica sinistra. Prima le basi, poi qualche campitura e infine i dettagli e gli orpelli. È tutto molto semplice, e ogni schizzo non vi porterà via più di un paio di minuti, ma ogni tanto prendersi una pausa non fa male, specialmente se sotto c'è una colonna sonora così azzeccata. E non dimenticate di controllare spesso gli appunti personali di Sean, dentro ci troverete un sacco di roba interessante...

    Dopo un'introduzione molto calcolata, il viaggio diventa protagonista e Life is Strange 2 comincia piano piano a scoprire le sue carte: Sean deve badare costantemente a suo fratello, proteggendolo ed educandolo allo stesso tempo, come un mentore. Il racconto si prende i suoi tempi, regalandoci lunghi silenzi accompagnati soltanto da semplici accordi acustici in mezzo alla natura, e poi distrugge, sostituendoli con situazioni di tensione e scene crudissime. In termini di apertura, l'avventura risulta ben piantata su solidi binari, ed anche i bivi, a parte qualche raro caso, sembrano avere un impatto non troppo evidente sulla storia. Eppure si ha l'impressione che ogni gesto compiuto dai protagonisti celi un suo peso specifico a "lunga scadenza", volutamente nascosto sotto la superficie del presente. Bisognerà attendere i prossimi capitoli per avere una conferma, ma ad ogni modo la suddetta linearità possiede un suo pregio: anche se gli eventi cardine dell'esperienza non sono realmente molti, succede sempre qualcosa, e tutto è tenuto insieme da una sceneggiatura solida e perfettamente orchestrata. La regia è più adulta e ci sono meno tempi morti e fronzoli inutili, affinché il ritmo sia sempre ben tenuto. Il racconto scorre perfettamente, e la varietà delle location (tutte emblematiche e riuscitissime) contribuisce a mantenere alta l'attenzione del giocatore. A questo aggiungiamo anche un paio di personaggi davvero riusciti, che in poche sequenze conquistano la platea con battute efficaci, punch-line a effetto e dialoghi mai inutili, nonché un finale potente che ti lascia addosso la voglia di continuare. È davvero difficile ipotizzare dove andrà a parare la storia di Sean e Daniel, ma di certo, con queste premesse, non ha nulla da invidiare a quella di Max e Chloe. Post scriptum: sappiate che c'è anche il tempo per qualche citazione, da quella più nascosta e introvabile a quella decisamente più vistosa, ma in ogni caso siamo sicuri che i fan apprezzeranno.

    Siamo noi i lupi!

    Life is Strange non ha mai parlato di supereroi, piuttosto di responsabilità, e questo nuovo episodio ne è la quintessenza: basti pensare che c'è un momento in cui bisogna -realmente- fare spesa per la sopravvivenza, e nello zaino abbiamo soltanto qualche spicciolo.

    Riavvolgere il tempo, per esempio, è sempre stato un espediente, una scusa, e non perché la meccanica fosse inutile, ma perché era tutta un'illusione, creata abilmente dagli sceneggiatori per aumentare il peso delle nostre scelte. In un certo senso, sapere cosa sarebbe cambiato scegliendo questo-piuttosto-che-quello serviva a scardinare le nostre "volontà strategiche" di giocatore. A tal proposito, in questo primo capitolo l'elemento sovrannaturale c'è, ma resta un mistero e piuttosto cede il passo ad una serie di decisioni prettamente pratiche, direttamente legate all'insegnamento.
    Lo si capisce fin dalla prima schermata di caricamento, non appena si chiude l'introduzione. I due giovani lupi che corrono, disegnati a mo' di sketch in basso a destra, sono un po' come la farfalla della vecchia serie. Le azioni di Sean influenzeranno la personalità di Daniel, e va detto che i momenti in cui avremo modo di scolpire il carattere del fratello più giovane sono tanti (talvolta si verificano in maniera indiretta) e comunque meglio integrati con la narrazione di quanto visto in precedenza.

    Ad esempio, una volta fuori nella foresta potremmo insegnare o meno al piccolo lupacchiotto come leggere i segni per l'orientamento dipinti sugli alberi, e se invece ci allontaniamo troppo, magari andando ad esplorare per i fatti nostri, Daniel potrebbe cadere o farsi male. Ad un primo sguardo sembrano cose di poco conto, ma rigiocando più volte l'episodio (a noi è capitato ben tre volte per via di un bug pre-patch), ci si accorge che alcune situazioni possono cambiare; una battuta di troppo, uno spavento o una mala gestione del cibo potrebbero influenzare negativamente l'umore del piccolo Daniel, e potremmo doverne pagare il prezzo proprio nel momento meno opportuno.

    I comportamenti amorali, come rubare o anche solo una reazione violenta e ingiustificata, si traducono anche in un calo di fiducia, ed anche se per il momento l'impatto ha inficiato soltanto qualche scambio di battute, siamo piuttosto certi che rivestirà un ruolo importante nei prossimi capitoli. Insomma, non si può riavvolgere il tempo, e ancora non sappiamo quasi nulla sul potere telecinetico di Daniel, né tantomeno delle sue possibili implicazioni, ma il paragone con la vecchia struttura sembra sicuramente sensato. L'accento è come sempre posto sulle conseguenze delle nostre azioni, ma il paradigma si è evoluto, e la virata pedagogica del tutoring -per ora- sembra perfettamente in grado di proseguire l'ottimo lavoro iniziato da Max e Chloe.

    Life is Strange 2 Life is Strange 2Versione Analizzata PlayStation 4Roads, come del resto era prevedibile, si dimostra un capitolo fortemente introduttivo, basato più sulla presentazione dei nuovi personaggi che sull’innovazione delle meccaniche di gioco in sé. Life is Strange 2 rimane infatti fedele al suo predecessore, ma riesce in qualche modo a proseguirne il percorso, raffinandosi e colmando alcune vecchie lacune. Ci sono i poteri (per ora meno invadenti), ci sono le scelte e i bivi morali (più piccole ma presenti in numero maggiore), ma stavolta tutto è in declinato in nome del ruolo “familiare”. Quella del fratello maggiore è una posizione tanto “scomoda” quanto interessante da ricoprire, dal momento che ogni gesto o azione che compiremo avrà ripercussioni sul co-protagonista e sul suo carattere, o almeno questo sembra l’intento della produzione. Senza dubbio sembra una scelta azzeccata, che rafforza il sempreverde paradigma della responsabilità e aggiunge alla storia, già toccante e potentissima, una sfumatura ancora più profonda. Da mettere in conto c'è anche un comparto grafico notevolmente migliorato, arricchito da luci moderne e affrescato da colori indimenticabili. Mancano ancora quattro capitoli e a dirla tutta ci aspettiamo anche qualche risvolto interessante sul fronte gameplay, perciò è ancora troppo presto per giudicare l’avventura dei fratelli Diaz, ma di sicuro possiamo dire che la serie non ha perso il suo smalto. Insomma, la strada imboccata da Dontnod sembra quella giusta (tanto per rimanere in tema), ed ora, come al solito, non resta che aspettare il prossimo capitolo...

    8.2

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